Credo sia capitato a tutti, guardando un film, di immedesimarsi con il protagonista fragile, nevrotico, timido, ed impacciato. Capiamo emotivamente ed empaticamente le sue difficoltà. Facciamo il tifo per lui.
Ecco quel comprendere, quel fare il tifo, quel dare legittimità all’insicurezza, alla vergogna, alla timidezza e percepirne il fascino e la tenerezza, racconta di noi. Racconta della nostra tenerezza, delle nostre emozioni, e della nostra capacità di capire, di sentire. Racconta della nostra parte più aperta, accogliente, non giudicante.
Una “proiezione” emotiva che si blocca sulla soglia dello schermo. Oltre lo schermo quegli stessi sentimenti diventano illeggittimi e scomodi, al punto da volerli eliminare, in modo evidente quando sono nostri, quando siamo noi i protagonisti del film oltre lo schermo.
Vi sarà anche successo di sentire qualcuno osare delle affermazioni, dei pensieri, delle riflessioni, e coglierne la bellezza, la irriverente bellezza. Pensieri e riflessioni, che erano nostri o che avrebbero potuto essere nostri, se solo avessimo lasciato loro spazio, se solo non avessimo attivato l’autocensura, se solo avessimo osato dar loro un pò di respiro, un pò di fiducia
Quanta bellezza circolerebbe se osassimo mostrare la nostra vulnerabilità?
La libertà di poter essere se stessi, di poter dar voce ai pensieri illeggittimi. il permesso di fidarci della nostra sensibilità, della nostra fragilità. La possibilità di andare in direzione contraria, oltre la soglia del giudizio. Quanta arte e creatività, quanta meraviglia ci sorprenderebbe. Quanta autenticità si scoprirebbe nelle relazioni. Quanti sorrisi regaleremmo.
Mi viene in mente il film “la pazza gioia”, la bellezza delle protagoniste, sullo schermo ma anche nella vita. Valeria Bruna Tedeschi, che quando ritira il premio sul palco è agitatissima e così autentica. Ci racconta della sua psicanalista, del suo primo giorno all’asilo. L’autenticità la rende ancora più bella, la sua spudorata vulnerabilità è la sua forza, il suo tesoro.
La pazza gioia è quel sentire pieno, liberatorio, vitale che si prova quando ci si da il permesso di sentire e comunicare le proprie imbarazzanti verità. Un fiume che scorre e che arriva al mare.
Il coraggio di mostrarsi fragili. La vulnerabilità è una risorsa?
Il rischio sublime di poter sbagliare, di poter attraversare quella soglia, il coraggio di essere e di poter divenire noi stessi. Concedersi il permesso di trovare le parole per dirlo, di respirare senza soffocare. Assumere lo sguardo empatico dello spettatore. lo sguardo che si commuove e sta dalla parte di chi è impacciato e timido. Lo sguardo che comprende a fondo la bellezza, la forza, le potenzialità.
La dignità della nostra tenera timidezza, del nostro pensiero debole, il calore nelle relazioni che la vulnerabilità diffonde tutt’intorno.
Chissà poi perché ci troviamo invece a trasmettere, e penso ai bambini, così pieni di bellezza e spontaneità, schemi di pensiero, giudizi, modalità disfunzionali all’espressione autentica di sé e delle proprie scellerate debolezze.
I tesori più grandi stanno proprio in quei luoghi dell’animo che vorremmo evitare, dietro la paura, oltre l’insicurezza, sotto la vergogna. Impariamo a frequentarli, con un pò di quella tenerezza e commozione che proviamo al cinema, lì davanti allo schermo.